Lasciatelo in pace, se potete.
Filippo é arrivato quinto nella finale degli Europei di atletica, si è arrabbiato, non ha cercato scuse, ha “toppato”, dice lui, la gara più importante della stagione.
E invece non l’ha toppata.
Filippo è un atleta straordinario, ma è anche un atleta “normale”, uno che sbaglia e può sbagliare, soprattutto a vent’anni.
Filippo è andato sotto i 10 secondi a Madrid e aveva sempre vent’anni, una struttura muscolare che non ci ricorda nessun velocista palestrato e gonfio come un pallone, un fisico tirato e scolpito armonicamente dalla natura e dalla sapienza di chi lo allena.
Ci ricorda un atleta, un grandissimo atleta, un velocista predestinato, certo.
E no, non deve per forza essere un bravo ragazzo, come ha dimostrato sbattendo in faccia al giornalista a fine gara tutta la sua rabbia, una rabbia da atleta deluso, non da ragazzino al quale non hanno dato le caramelle.
Filippo è un patrimonio dello sport italiano e probabilmente non sarà mai un “cannibale” alla Bolt, ma è cresciuto rapidamente, fino alle porte dell’Olimpo degli uomini più veloci del mondo, con il lavoro, la programmazione e una caparbietà sconosciuta a tanti presunti campioni naufragati nei loro sogni effimeri.
Adesso lasciatelo in pace.
Costruitegli pure intorno la rete di protezione e di gestione del “fenomeno Tortu”, come è ormai inevitabile nello sport ad alto livello, ma non chiedetegli, per carità, di dimostrare tutto e subito, di svuotare il caricatore per saziare il decennale appetito di chi ama l’Atletica e non vede un raggio di sole da qualche lustro.
Filippo è un altra cosa e a vent’anni i fenomeni non casuali, ma figli del lavoro e della programmazione, si applaudono e si aspettano.
Agli “eiaculatori precoci” delusi per la prestazione mancata, rammentiamo sommessamente una cosa: da quanto tempo non vedevate un atleta italiano, con un personale di 9.99, centrare una finale continentale?
Calma e gesso.