L’umorismo involontario (?) del “titolista” (che è persona diversa dall’amico Gaetano) ci restituisce la vera dicotomìa che ha affossato la Sicilia, ben oltre i meriti e i demeriti di chi abbia provato a governarla: da una parte la lentezza e il suo elogio, come se le vie Francigene fossero incompatibili con l’alta velocità e le autostrade, dall’altra lo sbigottimento di chi questa Isola benedetta/maledetta la “assapora a ritmo lento” per spostarsi per lavoro, ogni giorno, perdendo tempo, denaro, salute, affetti.
I treni storici del gusto.
Una cosa bella, per carità.
Ora abbiamo capito però, finalmente, cosa voleste dire con: “prima del Ponte occorre fare strade e ferrovie”.
La “vostra” Sicilia è un paranoico rincorrersi di souvenir poggiati su tavolini tremolanti e instabili, lampi di genio (il cibo, i vini, per restare in tema) che illuminano sporadicamente una oscurità nella quale si adattano solo pipistrelli, lemuri, gufi, qualche gatto.
E sia.
Godiamoci il ritmo lento, il buon cibo, il buon vino, i panorami mozzafiato, le spiagge incantevoli, i fisiologici (sic) cumuli di spazzatura ai bordi delle strade, i servizi che non funzionano, i balzi spazio-temporali fra Scala dei Turchi e le orribili periferie abusive a poche centinaia di metri.
Gaudeamus igitur.
Lentamente, parlando sottovoce, senza fretta.
Non sia mai il nostro vociare disturbi il manovratore, l’imbalsamatore, l’ennesimo siciliano col torcicollo che ci parla di un passato mai vissuto nel quale tutto era fighissimo, rigorosamente in divisa d’epoca, fischietto in bocca e naftalina nelle tasche.
Ci meritiamo questi titoli.