Il FuoriVinitaly non è solo Piazza delle Erbe, gli spritz, la pastissada con la carne di puledro.
All’uscita da Cangrande, il mitico ingresso centrale alla Fiera, arriva un messaggino con la posizione sulla mappa e tre parole: appuntamento dal benzinaio.
Dal benzinaio?
Vabbé, sarà che alcuni vini sono ormai come la benzina, ma scegliere una location così surreale non può essere vero. Staranno scherzando, è ovvio.
Mangiamo una piadina con la salsiccia, per esorcizzare il male, ma ormai la curiosità ti distrugge dall’interno e devi per forza andare.
L’impatto è più disturbante della colazione continentale ad agosto con quaranta gradi all’ombra: fiumi di reduci da una giornata intera di degustazioni, colloqui, vini e grappe, seminari e business ad alta gradazione alcolica sdraiati sulle panche da Sagra di paese a stappare Philipponat, Ferrari o Bollinger, smezzare brocche di spritz, ordinare ostriche, taglieri e cibarie varie fra la puzza insopportabile di benzina, i fumi mixati di alcol e idrocarburi, senza neppure l’ombra di un Riesling a giustificarne la presenza. E non è neppure la prima volta, perché i televisori a bordo campo mostrano le immagini di altre feste, happening benzinari con camerieri e catering.
Solo al Vinitaly.
Solo nella più divertente Fiera dell’anno, solo in una città pulita, ordinata e teutonica per 361 giorni l’anno, trasformata da orde multilingue e multidialetto nei quattro giorni dell’evento.
Siamo dal benzinaio. Giuro. E stappano Philipponat.
È stupendo, ma adesso andiamo via, vi prego.